La visita ayurvedica nel nostro paese

(pubblicato nel Dossier "L'Ayurveda in pratica" de L'Altra Medicina Magazine, nr. 67 - Luglio 2018

Qualcosa cambia rispetto all’India. Ma resta fondamentale l’apporto del terapista. Chiediamo udienza a un noto professionista italiano.

È il caso di sentire un bravo medico ayurvedico italiano. Che cosa succede in questi centri e ambulatori? Ne abbiamo parlato con Antonio Morandi, medico che dirige Ayurvedic Point a Milano. Lunga esperienza alle spalle.

 

Gli abbiamo chiesto che cosa accade quando un paziente si fa visitare.

L’Āyurveda pone la sua attenzione sulla salute, non sulla malattia. Vede la malattia come una diminuzione della capacità di salute. Il medico ayurvedico si focalizza sulla salute residua per cercare di ampliarla anche per eliminare la malattia. Fondamentale andare alla visita di Āyurveda quando si sta bene.

 

Di solito il medico ausculta, esegue palpazioni: anche in Āyurveda?

La medicina ayurvedica tradizionale ha nella sua essenza quello che si trovava nella medicina convenzionale. Diversa è l’attenzione che si pone ad alcune manovre quando visitiamo il paziente.
In Āyurveda, quando ce n’è bisogno, è sempre prevista auscultazione, palpazione, percussione, esattamente come nella vecchia scuola occidentale, nei testi di semeiotica medica, oggi un po’ in disuso. Poi ci sono altri modi per sapere come sta il paziente: l’analisi del polso, della lingua, degli occhi, dei capelli. Questo si faceva una volta anche da noi, poi molto è andato perso.

 

E come avviene la visita?

La visita parte stabilendo un rapporto empatico col paziente, bisogna abbattere la distanza col medico. La visita non può essere solo un’analisi tecnica. Ci si basa su elementi apparentemente discorsivi ma importanti: famiglia, figli, lavoro, dove e come si vive. Un colloquio ad ampio raggio. Come si muove, che odore ha il paziente? Quali attività svolge, fisiche o meno? Come riposa? (si sveglia riposato alla mattina?), come si alimenta e digerisce. Non conta solo quello che si mangia ma anche come e quando si mangia. Ci si alimenta guardando la TV, arrabbiati, aprendo il frigorifero alle 3 di notte? Allora tanto vale mangiare junk food, il risultato è lo stesso. La digestione è più importante di quello che si mangia. Altrettanto importante eliminare efficacemente le scorie attraverso l’evacuazione, le urine, il sudore.

 

Accade così anche in India?

Secondo la prassi ayurvedica come si pratica in India, prima si eseguono le manovre di semeiotica. Da noi è diverso: viviamo in un contesto in cui le persone hanno bisogno di parlare, di essere considerate come esseri umani dal loro medico. Quindi prima stabiliamo un rapporto empatico. Anche perché in India esiste già una consapevolezza generale di che cos’è l’Āyurveda, non c’è bisogno di spiegare al paziente. Ecco perché in India le visite sono più brevi.

 

Quanto dura una sua visita?

Dai 45 minuti a un’ora. Serve tempo perché il paziente porta sempre se stesso. Occorre stabilire il corretto rapporto.

 

Parlava di semeiotica, cioè la grande arte medica di capire dai segni esterni che cosa eventualmente non va in una persona, per poi dettare le terapie. L’esame del polso c’era anche da noi, ora non più. Non è un impoverimento generale della medicina?

Anche da noi all’università si insegnava semeiotica medica, in cui rientra l’esame del polso anche se diverso da quello che si effettua in Āyurveda. Quello stesso libro su cui avevo studiato lo porto oggi ai miei allievi medici e lo faccio perché è a tutti gli effetti un testo ayurvedico. Oggi tutto questo non viene più insegnato. Si insegnano le semeiotiche specialistiche: ad esempio, ad uno specializzando in neurologia viene insegnata la semeiotica neurologica. Fino a cinquant’anni fa era diverso, ma è quello che si guarda ancora in Āyurveda. Anche se, ovviamente la medicina indiana pone attenzione a cose un po’ diverse e in modo più ampio, non solo l’aspetto meramente somatico o funzionale ma anche energetico.

 

Di energia tutti ne parlano molto ma non sempre si capisce bene che cosa sia.

Infatti, bisogna andare cauti. Come medico quando ispeziono un addome sento gli organi addominali come il fegato e i reni. Ma non è così immediato, occorre esperienza. Lo stesso per sentire il polso, non ci si improvvisa ma se lo sai fare bene ottieni molte informazioni su vari aspetti della persona, non solo sul sistema cardiovascolare. Nell’Āyurveda classico l’analisi del polso è solo uno dei tanti esami medici. Oggi, viene ancora utilizzato soprattutto nel nord dell’India. Questo perché la medicina Unani – araba ma presente anche nella regione indopakistana – e quella cinese, danno un’enfasi più importante sulla diagnosi del polso. Il primo testo ayurvedico di analisi del polso, in realtà, risale al tredicesimo secolo ed è arabo. Ovviamente l’Āyurveda del nord è contaminato dalla Cina e dai Paesi Arabi. In Kerala, al sud, i grandi medici ayurvedici non sentono abitualmente il polso.

 

Quindi, noi pensiamo a un unico Āyurveda, invece ci sono grandi differenze anche in India.

Certamente, ci sono notevoli differenze nel continente indiano tra il sud e il nord, anche per motivi climatici, di abitudini, stili di vita. E questo è uno dei motivi per cui non possiamo applicare l’Āyurveda tout court qui da noi. Non siamo indiani.

 

Le persone che le chiedono una visita, poi come reagiscono?

Spesso i pazienti sono sorpresi dai risultati della visita, da quello che gli riporto. Può emergere una visione completa su tutti gli aspetti della loro vita. Io mi affretto a dire che non c’è proprio nulla di magico, è pura deduzione. Gli consiglio di leggere i libri di Sherlock Holmes. Il ragionamento è lo stesso: massima attenzione ai minimi particolari. Altri sono stupiti dal fatto che parlo con loro per un’ora. Sembra quasi che non ci sia un aspetto puramente medico, invece c’è eccome. Ma sarebbe ancora meglio incontrarsi prima con l’Āyurveda per continuare a stare bene, come dico a tutti.

 

L’abitudine, almeno in Occidente, è di andare dal medico solo quando subentra una malattia. Nel suo ambulatorio a Milano chi viene?

Per l’80% persone con problemi di salute. Un 10-15% che sa già bene che cos’è l’Āyurveda, la frequentano da anni e intendono conservarsi in buona salute. E un 5% che non sa proprio niente ma è curioso. Fra le persone che hanno un problema di salute l’Āyurveda è sempre di più la loro prima scelta medica mentre solo pochi anni fa erano pochissimi. Si sceglieva l’Āyurveda come “ultima spiaggia”, o come seconda, terza scelta. Di fatto, vediamo una crescita continua di persone che si rivolgono a noi.

 

Un aspetto per noi “strano” ma interessante è l’accento posto dall’Āyurveda sull’ambiente e le condizioni di vita in cui si vive. Non solo il farmaco.

Pensiamo al Vastu (la scienza vedica dell’abitare), da sempre collegato all’Āyurveda. Si parla delle disposizioni degli ambienti, degli appartamenti o case in cui viviamo. In questa medicina c’è l’aspetto farmacologico, uno dei tanti, quello nutrizionale, quello dei trattamenti fisici (fondamentale se c’è una patologia importante da trattare), quello dell’assetto mentale – l’ecologia della mente –, quello comportamentale, ovvero come si relaziona una persona rispetto alle abitudini di vita (lavoro, orari, colleghi, ecc.). E poi l’ambiente in cui si vive.

 

In città, obiettivamente, a volte non è facile.

Vivere in un sottoscala è peggio rispetto al vivere in una grande villa con vista sul lago. Questo è chiaro. Bisogna però fare con quello che c’è a disposizione. Il medico deve fare in modo che il paziente possa trarre il meglio dalla sua condizione di vita, anche quando abita nel seminterrato. Io, a volte, penso all’Āyurveda come a una medicina della sopravvivenza. Hai solo la sabbia del deserto? Bene, allora pensiamo a una soluzione. Non esiste dire “non si può”. Questo vale anche quando non si trovano le erbe indiane. Non si trovano? Non si possono importare? Guardate che ci si può rivolgere anche alle nostre erbe o alla galenica, purtroppo sono rari i farmacisti che se ne occupano. E il costo cresce. Poi c’è anche la terapia con i farmaci di sintesi se utilizzati con la logica ayurvedica.

 

Ora in tanti parlano di Āyurveda, non sempre nel modo più appropriato. Ma lei come definirebbe questa medicina?

Questa medicina è come un fiore: tutti possono approfittarne godendo del colore, del profumo, della forma. Se poi vogliamo sapere come fare sbocciare e far vivere bene i fiori è più complesso. Se si va oltre, e si vuole sapere perché certi fiori sbocciano alla mattina e si chiudono alla sera – mentre altri fanno il contrario – la conoscenza deve essere ancora più approfondita. Così, è nell’Āyurveda: ad un primo livello può sembrare superficiale, ma entrando in profondità vediamo che tutto questo è enormemente complesso. Ma decisivo per curare al meglio le persone. Così come le terapie fisiche.

 

Forse non tutti sanno che cosa sono le terapie fisiche in Āyurveda. Che cosa sono?

Sono alla base di ogni terapia, ancor prima delle ricette di erbe. Manovre fatte sul corpo, trattamenti e molto altro. In Āyurveda, accanto al medico, c’è sempre stato il terapista che si occupa di questo. Non può mancare. Ma la sua formazione deve essere all’altezza delle aspettative.

 

Farmaci ed erbe: il punto di vista dell’Āyurveda

Se arriva il paziente con una terapia chimica in atto e sta bene, compensato, è ovvio che io rispetto la sua terapia

precisa il dottor Antonio Morandi.

Potrò fare qualcosa per cercare di aiutarlo per esempio per sopportare gli effetti collaterali. Non ho il rimedio perfetto... Nella mia scuola insegniamo ai medici come poter utilizzare anche i farmaci di sintesi chimica seguendo la logica ayurvedica. Per utilizzarli al meglio col minor danno. È ovvio che la chimica avrà sul corpo un impatto diverso ma ne devo pur sempre tenere conto. Come medico devo fare, devo curare.

 

Molti pensano che in Āyurveda si usino solo erbe o preparati che escludono la chimica...

In realtà ci sono studi scientifici pubblicati che attestano l’importanza del “gusto” anche dei farmaci sintetici. Il gusto in Āyurveda richiama la struttura chimica e la funzione. Questo viene esplorato e utilizzato da sempre in Āyurveda. Dappertutto, anche in India. Certamente affianchiamo le terapie ayurvediche classiche ai farmaci chimici ma bisogna sapere come fare, seguendo la lezione originaria. È fondamentale quella che noi chiamiamo la “qualità”.

 

Di che cosa si tratta?

Concetto difficile da far capire ai farmacologi occidentali

continua il medico.

Non si parla del classico meccanismo d’azione, di biochimica. Si intendono le modalità descrittive dell’azione del farmaco. Per fare un esempio banale ma in realtà complesso e sostenuto nell’ambito dell’Āyurveda: se c’è un’infiammazione quella parte del corpo diventa rossa. Dobbiamo toglierla e ad esempio diciamo al paziente di non mangiare cibi di colore rosso. Quindi, per qualità noi intendiamo elementi percepibili dai sensi, come il colore, l’odore o anche il gusto, che però segnalano una funzione ben precisa. Questo vale anche per i farmaci di sintesi chimica. Inoltre, l’uso di alcune erbe non sono permesse in Italia, allora si cerca di sostituirle con erbe dotate di qualità ayurvediche simili ma autorizzate anche da noi.

 

Leggende metropolitane: erbe ayurvediche miracolose

acquistate solo preparati ayurvedici e registrato al ministero della sanitàTroppo spesso si sente parlare di Āyurveda confinandolo ad alcune ricette di erbe, presentate come rimedi portentosi. Calma, non è così. L’Āyurveda è ben altro. Prima di tutto occorre saper usare quelle erbe e poi evitare le contraffazioni.

Io prescrivo solo quello che è in commercio e registrato al ministero della sanità. Si trova nelle farmacie o da rivenditori autorizzati. Su internet, no, grazie.
Mi creda, non è proprio il caso. Vedo persino “brillanti” antipertensivi ayurvedici con erbe miracolose ma so bene che cosa c’è dentro: sono prodotti a base di erbe proibite in Italia e la cui vendita non è autorizzata. Quello può essere un farmaco potente, da assumere con giudizio e dietro controllo medico perché non è privo di rischi. E tutto questo commercio avviene sul web senza alcun tipo di controllo!
Il fatto che siano erbe non rende sicuri. Le faccio un semplice esempio: se si prende un decotto di prezzemolo si può anche morire. Sembrerà strano ma è così. Un tempo il prezzemolo era usato come abortivo. Interagisce sulla coagulazione che può portare a morte nel giro di breve tempo. Dunque, attenzione al consumo disinvolto delle erbe.

Insomma, può capitare di tutto in libera vendita, come sul web. Anche aver pagato per dei medicinali scaduti. Oppure, erbe che sono state irrigate attraverso tubature di piombo. Il controllo non c’è. Potranno costare di meno, ma non c’è sicurezza su quello che prendiamo.

 

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Dr. Antonio Morandi Medico Ayurvedico | Ayurvedic Point©, Milano

Dr. Antonio Morandi

Direttore della Scuola Ayurvedic Point


Medico, Neurologo ed Āyurveda Vaidya (Āyurveda Academy, Pune, India - Joytinat International College of Āyurveda), è co-fondatore, assieme a Carmen Tosto, di Ayurvedic Point di cui è Chairman e Direttore dal 2002 della Scuola di Āyurveda “Ayurvedic Point”, certificata ISO 9001:2015 e il cui Corso per Tecnici è qualificato secondo la normativa UNI 11756:2019. Il Dr. Morandi è anche Presidente della Società Scientifica Italiana di Medicina Ayurvedica (S.S.I.M.A.)

Autore
Author: Dr. Antonio Morandi

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