L’uomo, il tempo e le stagioni – Consigli per l’Estate

L’uomo, il tempo e le stagioni – Consigli per l’Estate | Ayurvedic Point©, Milano

La Charaka Samhita, il trattato più antico ed autorevole sulla medicina ayurvedica, riporta la descrizione di un dibattito tra saggi su di un tema quanto mai interessante: l’origine dell’uomo e delle sue malattie.

Ognuno dei partecipanti porta la propria tesi (talvolta bizzarra), che viene poi sistematicamente confutata dal successivo oratore.

La discussione procede così attraverso una serie di proposizioni e negazioni per giungere alla conclusione finale, che è poi un grande punto interrogativo.

Atreya, il maestro che presiede al dibattito, ammonisce i saggi che la risposta al quesito dell’esistenza non può essere trovata al livello delle parole dette, ma va cercata dentro se stessi, nel silenzio della meditazione ascoltando il proprio cuore. Tuttavia, nel corso del dibattito, una sola ipotesi non viene smentita: che l’uomo sia figlio di Kala, il tempo.

Il termine sanscrito per definire il tempo è appunto Kala (latino calculo) che significa “contare” “misurare”.

Il tempo, nella visione vedica, è un paradosso perché rappresenta la misura di ciò che non può essere misurato: l’eternità.

Il tempo trasforma (apparentemente) ciò che è immutabile, che è al di là dei cambiamenti; il tempo governa il regno della molteplicità in perenne mutamento; il tempo è il signore del mondo fenomenico, il controllore della vita e della morte.

Secondo l’Āyurveda il tempo più che come una linea retta, consistente di passato, presente e futuro, va visto come una ruota che gira continuativamente senza mai fermarsi. Il concetto stesso di progresso così caro alle menti occidentali è rimasto totalmente estraneo, per millenni, alla cultura indiana tradizionale.

I valori del fare, del correre senza sosta, del cambiare incessantemente sui quali s’impernia la nostra civiltà, sono sostituiti in Oriente dal valore fondamentale dell’essere (quindi senza un divenire).

Ciò che importa comprendere, dunque, è che nella nozione ayurvedica di tempo non vi sono un prima e un dopo, così come se si traccia un cerchio e si prendono due punti della sua circonferenza non vi è modo di stabilire quali dei due venga prima. Il tempo è, in questo senso, organizzato in forma d’infiniti cicli ognuno dei quali è contemporaneamente assolutamente originale ed assolutamente uguale.

Quale evento viene prima, la primavera o l’inverno, il giorno o la notte, l’alba o il tramonto, l’infanzia o la vecchiezza, la nascita o la morte? Il ripetersi all’infinito dei cicli della vita non è in fondo che un modo di testimoniare della natura infinita dell’esistenza. Il termine sanscrito impiegato per descrivere il mondo è loka, che deriva dal tema verbale ruc, “brillare”. La natura del mondo è di brillare, in quanto esso riflette, lascia trasparire una luminosità sottostante che vi è intrinseca. Il mondo è la rappresentazione simbolica di una realtà luminosa che lo abita e lo pervade.

In un celebre dialogo delle Upanishad il saggio Yajnavalkya così risponde ai quesiti di Gargì, una delle rare figure di filosofo-donna nella letteratura classica indiana:

Domanda - Ciò che sta al di sopra del cielo, ciò che sta al di sotto della terra, ciò che sta tra cielo e terra, ciò che chiamiamo passato, presente e futuro, in quale trama è intessuto?

Risposta - Tutto questo universo è intessuto nell’Akasha, il vuoto luminoso.

Domanda – ed in che trama è intessuto il vuoto luminoso?

Risposta – esso è intessuto in ciò che i bramani chiamano l’Akshara, l’imperituro… al comando di questo imperituro sole, luna cielo e terra stanno l’una al proprio posto, i minuti, le ore, i giorni, le notti, le quindicine, i mesi, le stagioni, gli anni, compiono ognuno il proprio corso, i fiumi scendono dalle candide montagne alcuni ad occidente, altri ad oriente, seguendo ognuno la propria direzione…

L’ultima risposta di Yajnavalkya lascia trapelare un dato di importanza fondamentale: che il mondo indiano antico (da cui provengono entrambi, le Upanishad e l’Āyurveda) è fortemente orientato in senso spaziale.

La collocazione, fissa o dinamica, di un oggetto all’interno di un sistema più vasto di coordinate spaziali è un dato di valore essenziale ai fini della comprensione del suo ruolo e della sua stessa natura: nulla vive isolato dal tutto ed in questo senso anche il tempo rappresenta un insieme di successive modificazioni spaziali. Ad esempio, l’anno è diviso, secondo l’Āyurveda, in due grandi periodi:

  • il primo è chiamato Adana, o la fase del “riassorbimento” comprende l’ultima parte dell’inverno, la primavera e l’estate ed è caratterizzata dal movimento del sole verso nord;
  • il secondo è definito Visarga, o la fase del “rilascio” comprende la stagione dei monsoni, l’autunno e la prima parte dell’inverno ed è associato al movimento del sole verso sud.

Sono dunque le reciproche relazioni spaziali tra sole, terra e, come si vedrà, luna, a determinare la progressione delle stagioni ed a stabilire il carattere della vita sulla terra.

Nella fase dell’assorbimento i raggi del sole si manifestano con tutta la loro intensità e prosciugano la terra e la linfa vitale delle piante che la popolano. Nel rasa (sapore nutritivo) delle piante diviene prevalente il valore fuoco, caldo, piccante.

Gli animali si nutrono di quelle piante ed assorbono la qualità della secchezza ed il valore fuoco in essa presente in quel momento.

Gli uomini a loro volta, nutrendosi sia delle piante che degli animali, incorporano le medesime qualità e divengono progressivamente più deboli nei loro corpi.

La condizione di massima debolezza viene raggiunta secondo i testi ayurvedici, dal termine dell’estate. A quel punto inizia la fase del rilascio: il sole si sposta verso sud, allontanandosi dalla terra, i suoi raggi divengono meno intensi e contemporaneamente le notti si allungano. Si ha dunque una prevalenza degli attributi lunari rispetto a quelli solare e ciò determina un aumento del contenuto di umidità all’interno delle piante. Il rasa delle piante diviene dolce e denso. Quel valore d’idratazione passa poi con il meccanismo già visto agli animali e agli uomini, nutrendo e irrobustendo i loro corpi. La forza degli esseri aumenta così progressivamente giungendo al suo apice al culmine dell’inverno.

Queste considerazioni, ovviamente, vanno prese cum grano salis in quanto si applicano in modo specifico al clima indiano che è di natura tropicale e sub-tropicale; il sole italiano è (almeno ancora per un po’) decisamente meno intenso di quello indiano. Ciò nonostante, la logica alla base del pensiero ayurvedico è affascinante: in particolare ci colpisce il suo valore ecologico, ossia l’idea che l’essere umano sia parte integrante di una comunità più vasta di creature e di energie, comprendente piante, animali, rocce, pianeti, e che per il suo benessere egli dipenda dall’armoniosa interazione di quanto gli sta intorno.

La concezione ayurvedica del mondo e delle relazioni spazio-temporali è di natura essenzialmente binaria, basata su una serie di segni "+" e di segni "–" in un determinato posto, a un determinato momento qualcosa diviene di segno "+" (nel caso dell’estate ad esempio l’intensità della radiazione solare).

Ciò provoca a cascata lo spostamento di alcuni indici (il calore dell’aria, la secchezza della vegetazione, il rasa piccante) verso il segno "+" e lo spostamento di altri indici (il valore nutritivo delle piane, la presenza di acqua in esse, il rasa dolce) verso il segno "–".

Questo è perfettamente naturale e in armonia con il costante mutare delle cose; la prevenzione e la terapia dei disturbi associati a una certa stagione dell’anno consisteranno dunque nell’impedire che i segni "+" divengano eccessivamente "+" e che i segni "–" divengano eccessivamente "–", perché ciò causerebbe un disequilibrio cui i sistemi fisiologici deputati al mantenimento dell’omeostasi non riuscirebbero a far fronte.

Se un valore è divenuto di segno "+" allora il medico prescriverà al paziente dei rimedi (nutrizionali, comportamentali ed etici) di segno "–" affinché il risultato finale sia il più possibile vicino al punto neutro di equilibrio.

 

Fatto interessante, è la Natura stessa a offrire gli strumenti necessari per il mantenimento dell’equilibrio: ad esempio, durante l’estate la Natura mette a disposizione frutta e verdura intrinsecamente più ricchi di liquidi come uva, melone, anguria, pesche, cetrioli. Se ci si nutre seguendo i cicli naturali di maturazione dei vegetali, ci si sentirà più in forma e si manterrà la salute.

 

Durante l’estate, affermano i testi ayurvedici, bisognerebbe risiedere in luoghi vicini a corsi d’acqua, laghi, mare, che ospitino alberi, vegetazione, fontane.

Sarà preferibile inoltre limitare o evitare il consumo di alimenti che aumentano il calore corporeo come alcolici, spezie forti, carni rosse. Un consiglio, infine piacevole e romantico, consisterà nel praticare i cosiddetti bagni di luna. Ci si esporrà di notte ai raggi rinfrescanti della luna che bilanceranno l’azione riscaldante di quelli solari; una variante di questo consiglio consiste nell’esporre ai raggi della luna anche l’acqua che si berrà ed i cibi che si mangeranno affinché assimilino la benefica energia lunare.

Viaggiare attraverso il tempo significa danzare in armonia con il cambiamento: è cogliere la qualità essenziale di ogni cosa e fare un corretto uso della nostra relazione privilegiata con l’universo percependo la sua anima che tutti ci pervade.

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Author: ayurvedicpoint