Panchakarma, le cinque azioni della salute

Natura e Benessere n.22 – pag. 44/47 (2006)
a cura di: dr.Antonio Morandi, Carmen Tosto

Attualmente, purtroppo, circolano molte informazioni errate sull’Āyurveda e le sue pratiche, ma le più sbagliate e pericolose riguardano senz’altro la terapia del Panchakarma.

Numerose sono le definizioni e le descrizioni che ne vengono date, da chi ne parla come fosse una singola terapia, a chi lo ritiene un trattamento del benessere, a chi addirittura lo associa solo al cosiddetto massaggio ayurvedico.

Pochi in realtà lo descrivono per ciò che è: una sequenza precisa ed articolata di atti medici mirata alla rimozione profonda e radicale di tossine dall’organismo.

Un’altra delle convinzioni errate, ma ancora più diffuse, è che tutti possano ricevere un Panchakarma, e che anzi la persona stessa lo possa richiedere liberamente, alla stregua di un semplice taglio di capelli. Il Panchakarma è la pratica terapeutica più invasiva dell’Āyurveda e, come tale, necessita di un’attenta valutazione medica circa la necessità e la capacità psicofisica del paziente di sottoporsi ad un intervento così radicale.

È compito del medico valutare composizione ed intensità delle azioni che tale terapia deve avere sul singolo paziente, che deve essere debitamente assisitito da Operatori Ayurvedici con adeguata preparazione e formazione sanitaria. 

Infine il Panchakarma proprio per la sua natura di invasività, durata e per la necessità di un’attento monitoraggio è una pratica essenzialmente residenziale.

Molte volte purtroppo la disinformazione ci arriva proprio dall’India, da quelle zone turistiche affollate di Panchakarma Clinics, in realtà Resort turistici più o meno di lusso, ove viene dato al turista quello che chiede purché paghi, e magari non quello di cui ha realmente bisogno. Ci troviamo di fronte quindi ad improbabili sequenze di oleazioni e massaggi spacciati per la terapia Panchakarma o, nella peggiore delle ipotesi, a tour de force terapeutici di una settimana o poco più somministrati subito a persone che dopo un viaggio di dieci e più ore sono ancora in balia di sbalzi di fuso orario con relativi adattamenti.

A volte i risultati hanno risvolti tragici per la loro salute.

Vediamo quindi con attenzione di definire brevemente ma esattamente il Panchakarma così come l’Āyurveda ce lo ha tramandato da millenni. C’è subito da precisare che la vastità del territorio indiano comporta ovvie differenze climatiche ed ambientali che portano quindi a variazioni nell’esecuzione delle azioni terapeutiche del Panchakarma, fermo restando la sottesa logica curativa.

Secondo l’Āyurveda la malattia è causata essenzialmente da un’alterazione della combinazione del Tridosha (le tre energie che governano il nostro essere) che definisce la Prakriti termine sanscrito che indica la costituzione individuale; lo stato di salute viene recuperato attraverso il riequilibrio di queste proporzioni.

Per ristabilire questa armonia di base l’Āyurveda utilizza due categorie di approcci terapeutici: Samana, ovvero le terapie palliative tese alla riduzione e pacificazione dei Dosha alterati, Shodana, le terapie eradicanti che permettono l’espulsione dei Dosha alterati con le tossine generate.

Il primo è utilizzato quando l’entità dell’alterazione del Tridosha è lieve, ed il secondo quando l’alterazione è di grave entità.

L’insieme di tecniche che costituiscono la procedura Shodana (lett. pulire) è quello che viene chiamato Panchakarma. Pancha in sanscrito vuol dire cinque, mentre Karma rappresenta l’azione azione, quindi Panchakarma indica un’insieme terapeutico basato su cinque azioni.

Queste vegnono descritte classicamente in:

  • Vamana – emesi terapeutica,
  • Virechana – uso di lassativi,
  • Vasti o Basti – enteroclisma con decotti e oli medicati,
  • Nasya – instillazione di medicamenti nelle narici,
  • Rakta Mokshana – salasso.

Le prime quattro tecniche sono state descritte nella Charaka Samhita il più antico testo medico ayurvedico, mentre si deve ad un opera successiva Susruta Samhita l’introduzione del Rakta Mokshana oprocedura del salasso.

È fondamentale capire che il Panchakarma è definito ed agisce nel migliore dei modi seguendo una propria sequenza specifica, le tecniche verranno effettuate in un tempo adeguato, poiché è proprio la sequenza delle azioni combinate a determinarne l’effetto finale, non le singole parti o tecniche.

Le singole e specifiche “azioni” possono comunque essere applicate in modo indipendente in virtù del loro specifico effetto secondo particolari disturbi e situazioni patologiche.

Tutto agisce in questa logica, così come in una formulazione farmaceutica ayurvedica è la sinergia dei componenti a determinarne l’efficacia farmacologica e non gli effetti delle singole erbe che, comunque conservano la loro peculiarità se usate da sole.

Il Panchakarma è una terapia complessa e delicata e come tale, richiede una residenzialità ed una precisa disponibilità di tempo. La durata necessaria per un Panchakarma completo è variabile, dipende dallo scopo per cui viene effettuato, dalla gravità della patologia da trattare, ect. Considerando i tempi utili per l’esecuzione delle varie tecniche e gli intervalli necessari fra una pratica e l’altra si può arrivare anche ad una durata complessiva di 138 giorni. Un periodo di 14-21 giorni è generalmente sufficiente per un risultato apprezzabile. È possibile inoltre ridurre leggermente i tempi, ma solo a scopo preventivo o di ringiovanimento.

Il Panchakarma non serve al semplice rilassamento, come a volte viene erroneamente creduto, ma il suo scopo è curare e prevenire, sono quindi necessari tempi e modi appropriati.

Si ritrovano cenni sulle tecniche di purificazione assimilabili a quelle del Panchakarma nel Rig Veda dove in alcune strofe viene fatta menzione di come è possibile rimuovere le malattie attraverso le narici, la bocca, orecchie e lingua, quasi in una sorta di anticipazione delle pratiche di Vamana e Nasya.

In altre strofe si tratta di eradicazione delle malattie attraverso le arterie, assimilabile alla tecnica del Rakta Mokshana (Rg. 10/16/4/1-2).

Altre tracce si ritrovano nelle medicine tradizionali di tutto il mondo, pratiche in uso da tempi immemorabili. Dal Sud America, all’Egitto, alla Mesopotamia fino ad arrivare alla Grecia attraverso le indicazioni terapeutiche della Scuola Ippocratica.

Nella produzione letteraria e scientifica del grande medico greco sono menzionate la maggior parte delle tecniche riferibili al Panchakarma, inclusi enteroclisma e vomito terapeutico, fino a consigliare ad esempio l’uso del vomito nelle stagioni autunnali ed invernali per l’accumulo di flegma nella parte superiore del corpo, e l’uso dell’enteroclisma nelle stagioni calde perché si aumentava la presenza di umori pesanti nelle parti inferiori ed articolazioni, nonché la secrezione biliare.

Questa descrizione concorda appieno con la teoria e le pratiche indiane. Ancor oggi tecniche quali l’enteroclisma o l’uso di lassativi, si ritrovano nella medicina moderna; mentre altre magari più ostiche alla nostra mentalità moderna, come l’emesi od il salasso, erano d’uso presso i nostri ospedali fino a tutto il 19° e prima metà del 20° secolo.

Si rammenti ad esempio l’uso dell’emesi nel disturbo al tempo chiamato “melanconia”, attualmente definito depressione, o dell’uso del salasso nelle malattie della pelle, indicazioni per queste tecniche non dissimili da quelle che ritroviamo nella medicina ayurvedica.

Accanto a questa composizione classica del Panchakarma si ritrova, nella parte sud dell’India specie nel Kerala, una versione modificata e semplificata che prevede l’uso di altre pratiche quali Dhara Karma (colatura di oli ed altri liquidi medicati su varie parti del corpo), Pinda Sveda (tamponamenti caldi con sacchetti riempiti di svariati materiali medicati), Kaya Seka o Pizhichilli (Colatura massiva di oli caldi sull’intero corpo), Anna Lepa (Applicazione di pasta di riso medicata sul corpo) e Siro Lepa (applicazioni di impasti medicati sulla testa). Queste tecniche sono meno invasive e, basate più sui principi della fase preparatoria (Purva Karma) quali per es: Snehana (oleazione) e Svedana (terapia del sudore), che del Panchakarma vero e proprio. Questa versione semplificata del Panchakarma più popolare nelle regioni meridionali dell’India ha una valenza terapeutica più Samana, cioè tesa alla riduzione e pacificazione dei Dosha alterati, che di purificazione profonda.

Scopi e benefici

Gli scopi del Panchakarma vengono raggiunti attraverso la rimozione dal corpo di ciò che viene definito Mala (prodotti di scarto), Ama (tossine di vario tipo) ed altri prodotti di rifiuto stagnanti a vari livelli.

I benefici del Panchakarma sono evidenti sia a livello macroscopico dove vari organi e sistemi del corpo vengono “puliti” e purificati approfonditamente, sia cellulare ove la purificazione avviene a livello di membrane con conseguente miglioramento dello scambio ionico. Il risultato è quindi un potenziamento delle funzioni fisiologiche che si esplica con una maggiore vitalità generale dell’organismo, dello stato mentale e psicologico, dell’immunità, oltre che il miglioramento della prognosi di varie malattie. Risultato peculiare è un aumento dell’attività ed efficacia farmacologica di prodotti somministrati in seguito alla pratica.

I tre momenti fondamentali

Come prima specificato il Panchakarma completo esige una sequenza ben precisa di esecuzione delle tecniche ed è caratterizzato da tre momenti fondamentali: uno preparatorio chiamato Purva Karma, l’esecuzione delle tecniche vere e proprie chiamato Pradana Karma e il post-trattamento chiamato Pashchat Karma. Questi tre momenti Purva, Padana e Pashchat Karma si ripetono comunque in chiave metodologica all’interno di ogni tecnica e prima della loro esecuzione devono essere valutati, per una corretta applicazione della prescrizione medica, lo stato attuale e la forza del paziente, l’orario, il clima e la stagione. Per tutto la durata del Panchakarma il paziente deve rigorosamente seguire una speciale dieta a valenza altamente terapeutica che lo prepara a ricevere i trattamenti e complementa la funzione curativa delle pratiche.

Esaminiamo quindi per ognuna di queste fasi la sequenza classica delle pratiche comprese nel Panchakarma.

Il Purva Karma ha come scopo generale quello di indurre i Dosha alterati a muoversi dai tessuti periferici al tratto gastrointestinale e si compone di tre fasi: Pachana ove viene aumentata la capacità digestiva, Snehana l’oleazione (interna ed esterna) ove si mobilizzano i Dosha alterati dai luoghi di accumulo verso il tratto gastrointestinale e Svedana l’induzione di sudorazione (attraverso molteplici tecniche) per la rimozione delle tossine.

Il Pradana Karma rappresenta la parte centrale della sequenza terapeutica e consiste nelle cinque tecniche del Panchakarma. È da ribadire l’importanza della sequenza delle azioni così come vengono riportate in letteratura perché è in questo il segreto del meccanismo di azione. Sulla base di questa serie di azione è possibile definire il meccanismo d’azione generale del Panchakarma e la sua logica procedurale che può essere riassunto in

  1. Rimuovere Ama e Dosha alterati dai tessuti
  2. Mettere in circolo Ama e Dosha alterati
  3. Veicolare Ama e Dosha alterati verso le vie di espulsione naturali più vicine al luogo di accumulo
  4. Espellere Ama e Dosha alterati.

Vamana

La prima tecnica della sequenza del Panchakarma è il Vamana, o vomito terapeutico, e consiste nell’espulsione dei Dosha viziati per via orale. Con questa tecnica viene espulso: Cibo indigerito, Kapha Dosha e parzialmente Pitta Dosha. Il Vamana ha un’azione diretta a livello dello stomaco, e non è solo emesi, ma la raccolta e l’espulsione di Ama e dei Dosha. Per far questo è necessario utilizzare sostanze che non solo inducano il vomito, ma che abbiano il potere di estrarre e veicolare Dosha e tossine dai tessuti fino all’espulsione. Per le sue caratteristiche specifiche è questa probabilmente la tecnica più delicata e potenzialmente pericolosa del Panchakarma.

Virechana

La seconda tecnica è il Virechana, o purga attraverso l’uso di lassativi, e consiste nell’espulsione dei Dosha viziati presenti nell’intestino tenue e nel fegato per via anale.

Basti

La terza tecnica è quella chiamata Basti (in alcune zone dell’India Vasti), o enteroclisma, e consiste nell’Immissione di oli medicati o decotti di erbe nel colon attraverso la via anorettale, a cui, dopo trattenimento di varia durata segue espulsione di Mala, Ama e Dosha Viziati.

Il Basti è la più importante procedura terapeutica non solo del Panchakarma ma di tutta l’Āyurveda. L’uso di questa tecnica in Āyurveda è largamente diffuso anche indipendentemente dal Panchakarma ed ha, in virtù della sua capacità di pacificazione di Vata Dosha, una potente attività terapeutica su molteplici disturbi, agisce nell’intero l’organismo a tutti i livelli.

Nasya

La quarta azione del Panchakarma è il Nasya o Siro Virechana, che consiste nella somministrazione di preparati in varia forma attraverso le narici. È la migliore terapia in Āyurveda per malattie della regione sopraclavicolare. Con la pratica del nasya viene espulso essenzialmente il Kapha Dosha.
Le sostanze più comunemente usate sono Oli medicati, Ghrta, Svarasa – Estratti freschi di piante ed erbe, Polveri, Dhuma o fumi derivanti dalla combustione di polveri, piante o altre sostanzi ed hanno la proprietà di aumentare le secrezioni locali e stimolare la liberazione dei Dosha viziati.

L’instillazione o inalazione deve avvenire attraverso le narici mentre l’espulsione deve avvenire attraverso la bocca.

Il Nasya agisce sia a livello locale che generale, incrementa il flusso respiratorio attraverso la diminuzione del volume della mucosa nasale per un’azione su recettori alfa-adrenergici dei vasi venosi, influenza le branche mascellari del trigemino, agisce sul ganglio Pterigopalatino e sulle fibre sensoriali, parasimpatiche e simpatiche dal plesso carotideo e quindi sulla motilità vascolare carotidea incrementando la circolazione sanguigna cerebrale, ed infine ha un’azione sull’Ipotalamo tramite le fibre olfatto-ipotalamiche.

Rakta Mokshana

La quinta ed ultima azione del Panchakarma classico è il Rakta Mokshana, ovvero la rimozione dei Dosha viziati attraverso il prelievo di sangue. Questa pratica è stata introdotta da Susruta (S.S. Sutrastana 14) e successivamente da Vagbhata nell’Ashtanga Hridaya come Roga Anupatti, prevenzione e cura, e Swasthaya Raksana, mantenimento della salute (A.H. Sutrastana 11/26).

Attraverso il Rakta Mokshana si ottiene la rimozione di Pitta Dosha viziato e parzialmente di Vata Dosha e degli Ama associati.
Sono molte le metodiche citate nei testi classici per praticare il Rakta Mokshana, ma generalmente possiamo riconoscerne due tipi, Sastra Visravana, salasso con strumenti meccanici, che comprende incisioni e puntura venosa, e Anu Sastra Visravana, salasso senza strumenti meccanici, che comprende l’uso di Sanguisughe, con Corno di animale (vacca), della Coppettazione con Zucca o con Coppe di vetro.

Pashchat Karma

Infine, il Pashchat Karma è la fase conclusiva del Panchakarma, e consiste oltre alla valutazione dello stato complessivo del paziente, in una serie di attività mirate (controllo dietetico, routine igienico quotidiana etc.) al consolidamento dei vantaggi ottenuti con le pratiche anche attraverso la somministrazione di specifici Rasayana (lett. Ringiovanente), composti a potente effetto antiossidante, e da attività che portano progressivamente e gradualmente il paziente ad un completo recupero della normale attività alimentare e fisica.

 


 


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Autore
Author: ayurvedicpoint