Dhamani

La parola Dhamani deriva dalla radice “dhma” che significa “soffiare”. Vi sono differenti traduzioni dei testi classici che lo traducono in modi diversi anche se la traduzione più comunemente accettata è “arteria”.
Con questa traduzione il presupposto è che “Dhamani” si riferisca alla funzione.
Dal punto di vista ayurvedico osservando la radice ci si riferisce di norma ad un azione collegata con l’elemento Aria (Vata). Sappiamo bene che Vata (in questo contesto vyana vayu) è il responsabile del movimento così come viene espresso dalla traduzione “soffio” di rasa e rakta che si muovono insieme all’interno.

Charaka definisce Dhamani come “quei vasi che pulsano e che hanno la loro radice nel cuore” (C.S.Su. XXX, 12). Infatti vengono definiti i “maha mula” ovvero  “le 10 grandi radici”. Quindi dhamani è ciò che pulsa (poichè  partono dal cuore dove origina la pulsazione primaria) e con l’azione di “dhma” fanno si che il sangue si muova al loro interno o venga “soffiato” da vata dosha.
Acharya Sushruta ci tiene a differenziare i “dhamani” dagli “srotas” che possono invece sommariamente essere tradotti con “canali corporei”,  con la differenza che gli srotas non hanno origine nel cuore e trasportano ciò che contengono avendo dei fluidi che fuoriescono a differenza dei dhamani che pulsano invece partendo dal cuore attraverso il movimento di vayu al loro interno. Acharya Sushruta fa due accenni alle radici dei dhamani. Nel Sharira sthana (IX.1,2 ) definisce la radice come l’ombelico mentre nel Sutra sthana (XIV,3 ) invece descrive il cuore come radice dei Dhamani.
La definizione di Vagbhata è simile a quella di Charaka e ne parla nel Sarira sthana (III, 39) defininendo l’origine dei Dhamani in nabhi (ombelico) in numero di 24.

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Author: Super User

Glossario Ayurvedico

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